La Francia ci prende ancora in giro: "Era un respingimento concordato"
La Francia risponde a Salvini dopo lo sconfinamento dei gendarmi che scaricano i migranti: "Bardonecchia sapeva". Il filmato dell'ennesimo sconfinamento da parte dei francesi avvenuto ieri mattina intorno alle 9.30 nella zona di Claviere è da subito sembrato chiaro a tutti. Non ha avuto bisogno di tante interpretazioni o spiegazioni. Nel video, infatti, si vede chiaramente la nuova "invasione di campo" da parte dei francesi al confine con l'Italia.
Beppe Grillo chiama Zingaretti «Er Zeppola» e definisce «oleosa» l’intervista di Fazio
Beppe Grillo questa mattina ha ufficializzato la propria retrocessione all’interno del Movimento 5 Stelle: da fondatore, insieme a Gianroberto Casaelggio, a garante. Un annuncio dato con la pubblicazione del nuovo statuto interno del M5S che conferma quanto già era palese nell’ultimo anno di vita e militanza politica dei pentastellati. Il suo ruolo adesso, però, è anche quello di ‘sfottere’ gli avversari politici del MoVimento per i loro difetti linguistici, come accaduto dopo l’intervista di Nicola Zingaretti da Fabio Fazio. Il nuovo segretario del Pd viene soprannominato Er Zeppola.
Lino Banfi rifiuta la corte del M5S: «Da sempre con il Centrodestra, tra i voti al Msi e la stima per Almirante»
Io grillino? Ma quando mai? In un’intervista a Il Fatto Quotidiano, Lino Banfi si racconta e parla di politica attraverso il suo passato da elettore del Movimento Sociale Italiano e della sua stima per Giorgio Almirante. La sua famiglia è da sempre rivolta con lo sguardo in direzione del Centrodestra e, nonostante la nomina ad ambasciatore dell’Unesco per l’Italia voluta da Luigi Di Maio non ha alcuna intenzione di votare o diventare un rappresentante del Movimento 5 Stelle. «Luigi Di Maio si è presentato un giorno nella mia orecchietteria di Roma, gestita dai miei figli e io, per un puro caso, ero lì quel giorno – racconta Lino Banfi a Il Fatto Quotidiano -. Poi ho saputo della nomina ad ambasciatore dell’Unesco, ma ero sorpreso anche io perché mi è stato annunciato proprio quel giorno, sul palco della presentazione del reddito di cittadinanza.
La sinistra ha sempre avuto più Raccomandati da sistemare
Quasi venticinque mila persone l’avrebbero visto bene al Quirinale, ma Giancarlo Magalli, almeno alla politica, non direbbe mai ‘sì’. Non ama i compromessi, detesta i raccomandati e non ha un bel rapporto con le ‘volpi’. A settembre tornerà alla guida, per la diciannovesima volta, de ‘I Fatti Vostri’ e a pochi giorni dal suo settantunesimo compleanno passato dall’altra parte dell’Oceano, il conduttore arrivato in tv più per caso che per vocazione, si racconta, senza peli sulla lingua, come solo lui sa fare. Innanzitutto auguri. Non ama ricordare l’età, ma è fresco di compleanno. Ho festeggiato a New York, come ogni tanto faccio, con una delle mie figlie e con degli amici che vivono nella Grande Mela. Lì il 4 luglio è festa nazionale e così, in una volta sola, ci godiamo due feste: la loro, e la mia. Gli anni, ahimè, passano per tutti.
Pd, il tesoretto da 500 milioni dell’ex Pci non si dividerà. La mappa delle 68 fondazioni del PCI
«Io resto dove sono. Non esco, non sono scissionista». Laconico come sempre Ugo Sposetti, ex tesoriere dei Ds e senatore dem vicinissimo a Massimo D’Alema. Poche parole che però hanno un impatto non da poco sulla guerra dei beni in corso da nove anni tra ex Ds e Pd. Quando infatti a inizio febbraio lo spettro scissione cominciò a materializzarsi, i Dem pensarono subito a quella cassaforte di 68 fondazioni con dentro 2.399 immobili, 410 opere d’arte e un valore stimato di circa mezzo miliardo di euro (benchè non ci siano dati ufficiali a tal riguardo). Se il deus ex machina delle fondazioni fosse andato con D’Alema e Bersani, i Dem avrebbero corso il rischio di vedere eclissarsi per sempre quel forziere gelosamente custodito da Sposetti. Per questo il tesoriere Pd Francesco Bonifazi è partito lancia in resta proponendo una class action con cui si sarebbe aperta formalmente la guerra a colpi di carte bollate per mettere le mani sulle fondazioni.
Che fine hanno fatto i comunisti? In Italia sono sparsi in sedici partiti
PCI, PC, PRC: alla sinistra del Pd c'è una miriade di partiti che restano divisi nonostante abbiano gli stessi ideali e, spesso, non arrivino all'1%. Una volta le cose erano più facili. Qualcuno era comunista -come insegna Gaber -, qualcun altro democristiano e qualche altro socialista. C'erano anche i liberali e i repubblicani, certo, ma non erano molti. I comunisti, invece, erano molti. E oggi, che fine hanno fatto? Dov'è finito quel terzo di Paese che si destreggiava con la falce ed il martello, cantando Guccini a pugno chiuso? Certo, il Pd fa la voce grossa a sinistra, ma è un po' poco, come stile e idee, per raccogliere quell'eredità là. I vecchi nostalgici comunisti si meritano qualcosa di più forte. Andiamo a vedere, allora, cosa offre il panorama dei partiti alla sinistra del Pd.
FONDAZIONI: SCOPRIRE I SOLDI “ROSSI”
Dal 2007 Matteo Renzi, appena arrivato alla Provincia, si è fatto dare la carta di credito e ha cominciato a mangiare a spese degli italiani, facendosi rimborsare trasferte a Roma e ovunque, cene con parenti, dalla pizzeria sotto casa alle notti all’Hotel Raphael. In Italia è sempre più evidente che il problema è quello dei fondi riconducibili alla sinistra politica del Pd, cioè all’ex partito comunista italiano. Il caso è deflagrato da ultimo con il senatore comunista Lusi, ex amministratore della comunista Margherita, espulso dal Pd perché accusato di essersi appropriato di tredici milioni di euro appartenenti al partito.
RAI, IL CASO. Cossiga: raccomandai Sciarelli e Berlinguer
Un rinvio a giudizio, a questo punto, lo pretende anche per sé. Francesco Cossiga, presidente emerito della Repubblica, ha (polemicamente) deciso di autodenunciarsi «per aver commesso fatti analoghi a quelli per cui la Procura di Napoli ha chiesto un processo per Silvio Berlusconi» con l'accusa di corruzione: l'ex premier avrebbe cercato di piazzare a viale Mazzini 5 attrici a lui care, segnalandole al direttore di Rai Fiction Agostino Saccà. Se ha raccomandato il Cavaliere, allora l'ho fatto anch'io, sostiene il senatore a vita che prima si è consultato con gli avvocati. E domani, annuncia il portavoce, si presenterà alla più vicina stazione dei Carabinieri (zona Prati), pronto all'autodelazione. Circostanziata.
Filippo Facci dice che l’idea di Europa di Berlinguer era una «boiata pazzesca»
Due pagine per definire le idee e la figura di Enrico Berlinguer, all’indomani del 35esimo anniversario dalla sua morte, un falso mito della sinistra. Lo ha scritto Filippo Facci su Libero criticando la scelta di alcuni quotidiani, come La Repubblica, di aver preso una posizione nostalgica nei confronti del vecchio segretario generale del Partito Comunista italiano. Secondo il giornalista, la sua idea di Eurocomunismo è una «boiata pazzesca» e le sue idee economiche erano da suicidio e avrebbero portato l’Italia ad affrontare lo stesso cammino di crisi della Grecia. Facci contro Berlinguer, dunque, sulle pagine di Libero. Il giornalista, spesso al centro delle critiche per posizioni alquanto discutibili – ultime quelle contro la giovanissima attivista svedese per l’ambiente Greta Thunberg -, accusa l’ex segretario generale del PCI di aver proposto un’ideale di comunismo applicato all’Europa, ma strizzando l’occhio alla Russia.
QUANDO FALCONE INDAGAVA SUI SOLDI AL PCI...
Quanti di voi sanno che Giovanni Falcone stava indagando, prima di essere ucciso, sui finanziamenti che da Mosca finivano nelle tasche del Pci? Pochi, scommetto. Perché si tratta di una di quelle notizie che rimangono nell’oscurità, che nessun giornale, giornalista etc, pensa di portare alla luce come meriterebbe, se non altro, come elemento di curiosità. Ma quando le notizie rischiano di mettere in cattiva luce gli eredi del Pci, si alza improvvisamente un muro a protezione. Ma, grazie alla “rete”, pochi segreti rimangono tali. Le voci corrono. Corrono e colpiscono. Sia chiaro, noi non lanciamo accuse, non infanghiamo nessuno, ci limitiamo a riportare delle notizie. Certo, a parti invertite, una notizia del genere, avrebbe costretto Berlusconi a lasciare l’Italia.
PCI: quando Longo fu "rapito" dai russi
Nell’estate del 1968 il segretario del Pci, Luigi Longo, ebbe uno scontro frontale con i sovietici, rimasto finora ignoto nei suoi retroscena più clamorosi e drammatici, a proposito dell’invasione della Cecoslovacchia da parte delle truppe dei Paesi del Patto di Varsavia. Il partito comunista stesso, forse per stemperare la violenza del suo primo «strappo » dall’Urss con l’aperta condanna dell’intervento militare, tacque sui gravi intrighi architettati dai russi per ricondurre Longo alla tradizionale linea filosovietica. Così il clima di veleni e di complotti di cui fu vittima il leader del Pci è rimasto occultato: e solo ora viene alla luce, grazie alle testimonianze dei familiari dello stesso segretario comunista, i quali hanno deciso di abbandonare la linea di riserbo che si sono imposti per quasi mezzo secolo. Che cosa accadde, in estrema sintesi, nelle lunghe settimane di travaglio che precedettero la repressione della Primavera di Praga?
Oro di Mosca e oro da Mosca: i finanziamenti al Pci
C'è un dubbio che mi passa per la testa, in questo cinquantenario dei «fatti» d'Ungheria, nello scoprire quanti dissentirono senza peraltro avere il coraggio di uscire dal Pci. Quanto può avere giocato, nella scelta di restare fedeli a Mosca, il pensiero delle rimesse in dollari che Stalin puntualmente faceva pervenire ai partiti del Cominform? Per non dire delle società import-export di comodo e della imponente organizzazione turistica che giocava sui prezzi politici. A ben vedere si trattava di una pesante tassa, mai deprecata dai beneficiati, che gravava sulle spalle di popoli che facevano la fila per il pane.
La “morale” di Berlinguer e i fondi neri dell’Urss al Pci
Mentre il segretario del Pci Berlinguer lanciava la questione morale, il suo partito aveva molto da nascondere. I documenti inediti nel nuovo libro di Ugo Finetti. C’era sicuramente una “diversità comunista”. Ma è abbastanza problematico ritenerla invidiabile (per usare un eufemismo) e rivendicarla come esempio di buon costume e probità politica come faceva con insistenza Enrico Berlinguer, ponendo, in quanto comunista che difendeva la “grande lezione” di Lenin, una “questione morale” per l’Italia. Nel 1969 Armando Cossutta doveva subire duri rimproveri dal custode dell’ideologia sovietica, Michail Suslov e dal grande elemosiniere Boris Ponomarev, a proposito di aiuti economici.
Di Pietro, bastonata a Napolitano: "Aveva ragione Craxi, soldi russi al Pci e Giorgio sapeva"
Nuovo attacco di Antonio Di Pietro al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. E questa volta l'ex pm usa un'arma insospettabile e pesantissima: Bettino Craxi. Sì, proprio l'ex premier e leader socialista simbolo di Tangentopoli, il nemico giurato di Tonino ai tempi della toga. Dopo quasi vent'anni, l'attuale leader Idv intervistato da Oggi riprende una a suo tempo celebre deposizione di Craxi ed è bufera: "Esistono - dice l'onorevole al settimanale - due Giorgio Napolitano: quello che ci racconta oggi la pubblicistica ufficiale, il limpido garante della Costituzione, e quello che raccontò l'imputato Bettino Craxi in un interrogatorio formale, reso, nel 1993, durante una pubblica udienza del processo Enimont, uno dei più importanti di Tangentopoli". E già, a leggere queste righe, le mura del Quirinale tremano. Si parla di legami profondi, durante la Prima Repubblica, tra Urss e Partito comunista italiano.
Di quando il PCI prendeva “contributi” dal PCUS (ma Berlinguer non sapeva)
Per l’ultimo pezzo che ho scritto per il mio blog, ho ricevuto una marea d’insulti. Tuttavia ripropongo il concetto: l’Italia è rimasta indietro per colpa dei comunisti. Non mi voglio però nascondere dietro le bandiere falce e martello, anche Dc e PSI hanno gravi responsabilità. Questi ultimi in particolare, mi dispiace doverlo scrivere, non sono riusciti a proteggere un’idea che in Europa ha ancora milioni di consensi. Nondimeno, voglio però continuare a spendere una lancia a favore dei socialisti italiani. Credo, infatti, che certi i suoi comportamenti illeciti siano dovuti alla grande disponibilità di denaro mostrata in quegli anni sia dai comunisti sia dai democristiani, ma mentre questi ultimi sono stati rasi al suolo dalle cannonate della magistratura, gli ex comunisti hanno potuto continuare a fare i duri e puri. Davvero però, non l’ha capito nemmeno Antonio di Pietro, non si comprende perché la magistratura non abbia mai indagato i bilanci del partito di Enrico Berlinguer.
Russia, finanzia la Lega? Dava soldi al Pci e ora anche Trump dice che…
Questa storia delle accuse e insinuazionicontro la Lega di Matteo Salvini di prendere soldi dalla Russia perché si pone il problema di rapporti normali dell’Italia con quell’enorme Paese[App di Blitzquotidiano, gratis, clicca qui,- Ladyblitz clicca qui –Cronaca Oggi, App on Google Play] e di consultazioni recipoche della Lega con il partito di Putin sulla situazione italiana e internazionale, fa veramente ridere. Ed è anche un po’ priva di dignità. Per quattro precisi motivi. Diventati cinque di fronte al fatto che il presidente Donald Trump nelle ultime ore ha – stranamente – dichiarato di essere d’accordo col ritorno di Mosca nel G8. PRIMO MOTIVO. Ci siamo forse dimenticati che il Partito Comunista Italiano (PCI), che oltretutto è considerato il progenitore sia pure ormai alla lontana dell’attuale PD, riceveva finanziamenti da Mosca quando era la capitale della ormai più che defunta Unione Sovietica?
Soldi dalla Russia, le ridicole accuse di Zingaretti e compagni
La sinistra accusa Salvini e la Lega di aver ricevuto soldi da Mosca. Proprio lei… Va bene che l’ipocrisia è la sostanza del dibattito politico italiano, ma questa è eccessiva. Provo a focalizzare ogni parola mentre scrivo: la sinistra italiana accusa un avversario di aver ricevuto soldi da Mosca. La sinistra italiana. Quella erede diretta del Partito Comunista, a cui l’attuale segretario del Pd Nicola Zingaretti non a caso era iscritto. Accusa un avversario di aver ricevuto soldi da Mosca. Ovvero quella capitale da cui fluirono ininterrottamente finanziamenti occulti durante tutta la Guerra Fredda verso le casse della suddetta sinistra italiana. Quasi mille miliardi di vecchie lire dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, li stimò Valeria Riva nel suo “Oro da Mosca” (1999).
Quando i rubli del Pci erano una cosa seria
Gianni Cervetti “pensava in russo e traduceva in italiano”. Ogni anno bussava alla porta di Mosca (la Dc lo faceva in America). Oggi spiega la politica di quel mondo bipolare. E lo paragona, senza moralismi, con i pericoli di oggi. “Mi chiede se sono stupito dal fatto che nel 2019 ancora si parli di fondi russi a un partito italiano? Di interferenze nella nostra vita democratica? No, non sono stupito. Ma penso che le degenerazioni di oggi le dovremmo saper affrontare con la capacità di trarre qualche lezione dal passato.
La sinistra si indigna sui rubli che ha incassato per 50 anni
La Lega è sotto attacco per i presunti soldi russi. Ma chi ha veramente preso fondi da Mosca è stato solo il Pci. Questa storia dei rapporti fra Matteo Salvini e Vladimir Putin, ammesso e non concesso che sia tutta vera (ma è difficile anche pensare che possa essere tutta inventata) rischia di essere una bomba devastatrice sui cui effetti e cause si deve ragionare con i piedi per terra, ma anche - come diceva il presidente americano Teddy Roosevelt - impugnando un nodoso bastone.
Quando i rubli di Mosca finivano ai comunisti italiani
Nelle ore calde delle notizie e degli audio sui presunti finanziamenti di Putin alla Lega, riemergono altri finanziamenti da Mosca per l’Italia. E riguardano quelli al partito Comunista che per mezzo secolo ha beneficiato di un fiume di rubli infinito. Ne ha fatto cenno anche Veltroni in una intervista a Tortorella. Ma soprattutto ne fanno cenno numerosi atti in commissione Stragi e in Commissione Mitrokhin. Di cosa parliamo? Dal secondo dopoguerra, da Mosca, sono partiti finanziamenti per i principali partiti comunisti d'occidente. Soldi che dovevano servire a sostenere la lotta per il comunismo fatta nei paesi Nato, con lo scopo di creare una spina nel fianco del blocco occidentale.
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