RAPPRESAGLIE PARTIGIANE
Rappresaglia. Nell’immaginario collettivo creato dal “mito resistenzialista”, all’udire questa parola appare l’immagine di un plotone di tedeschi che fucilano 10 innocenti civili italiani per ogni loro camerata morto. In realtà la rappresaglia fu attuata da tutti gli eserciti che combatterono nella seconda guerra mondiale, come ricorda anche Gianni Alasia, attuale esponente di Rifondazione Comunista : “Quando il mio amico Heinz Karl M., di Monaco, militare della Wehrmacht, fu fatto prigioniero in Francia, visse momenti tremendi. Vennero fatte decimazioni, e Carlo non capiva il perchè di una cosa così terribile mentre erano inermi prigionieri.”[1] La rappresaglia era ammessa dal Diritto internazionale del tempo di guerra di Ginevra, a patto che ad eseguirla fosse un regolare esercito (in divisa) che fosse stato attaccato da terroristi (non in divisa).
Così i fascisti di Salò furono macellati: ecco le foto segrete
Da un vecchio fascicolo riemergono carte e istantanee riguardanti l'inchiesta sulla fucilazione del 28 aprile '45, a Dongo, di 15 gerarchi. Riemerge dalle nebbie del passato uno dei momenti più cruciali e crudeli di quella tragedia che fu la fine del fascismo. Il momento è quello in cui, sul lungolago di Dongo, il 28 aprile 1945, quindici prigionieri furono messi a morte spicciativamente, per i loro trascorsi fascisti, dopo un simulacro di giudizio. Tra i quindici erano gerarchi maggiori o minori - Alessandro Pavolini e Ferdinando Mezzasoma in particolare -, un bizzarro ex comunista e perseguitato dal regime come Nicola Bombacci, poi riavvicinatosi a Mussolini, e un personaggio, Marcello Petacci, sul quale Walter Audisio (il «colonnello Valerio») aveva messo gioiosamente le mani. Credeva fosse Vittorio Mussolini, il primogenito del Duce.
Renzi è un genio ma ora deve fermarsi un attimo e riflettere
Chi legge i miei scritti politici, ultimamente molto critici verso l’operato del presidente del Consiglio, sa già che, anche se lo critico duramente, ho una vera ammirazione per le grandi capacità e l’acuta intelligenza di Matteo Renzi, che unisce ad una immensa memoria, velocità decisionali paragonabili a quelle di un super-computer. Unendo a tutto questo un eloquio ed una simpatia di grande efficacia oratoria si ottiene che, vicino a lui, quasi tutti i politici (vecchio e nuovo stampo) sembrano quasi dei trenini a vapore vicino ad un Frecciarossa. Non si può non ammirarlo su questo piano.
Il debito pubblico francese ha superato quello italiano, ma non significa quel che pensate
Alla fine dello scorso marzo il debito pubblico francese ha superato per la prima volta in anni recenti quello italiano. Secondo gli ultimi dati diffusi da Eurostat, alla fine del primo trimestre del 2019, il debito pubblico francese era pari a 2.358,897 miliardi di euro contro i 2.358,537 miliardi del debito italiano: circa 300 milioni di euro di differenza. Anche se il debito francese è in crescita da anni, questi ultimi dati non hanno messo in allarme istituzioni e opinionisti, nonostante sembri destinato a crescere ancora, in seguito alle spese autorizzate dal presidente Emmanuel Macron negli ultimi mesi per placare le proteste dei gilet gialli. Come mai?
A tavola con me: Quattro chiacchiere con... Mara Maionchi
Mara Maionchi: età, tumore, figlie e marito. Cosa ha avuto la donna
Nata a Bologna il 22 aprile 1941 Mara Maionchi, 77 anni, è una produttrice discografica e un personaggio televisivo. Oltre al talento, il pubblico ama l’approccio ironico e dissacrante che caratterizza Mara. La partecipazione, infatti, a programmi come Celebrity Masterchef e X Factor, in cui la personalità della donna si è potuta mostrare interamente, le hanno dato una grande popolarità. Chi è Mara Maionchi, storica giudice di X Factor. Studentessa non proprio modello, Mara Maionchi lascia gli studi nel 1959 e cerca di farsi strada nel mondo del lavoro. Dopo aver trovato impieghi saltuari, trova quello che le appartiene davvero e che diventerà la sua casa. Nel 1967 inizia a lavorare per la casa discografica Ariston Records.
La verità su Mara Maionchi e il MSI
Mara Mainchi votava MSI? Questa è la domanda che tutti si fanno dopo la pubblicazione dell’ultimo numero “Fascisti dopo Mussolini” del mensile Storia in Rete dove viene fatto l’elenco delle personalità del mondo dello spettacolo che hanno simpatizzato o votato per il Movimento Sociale Italiano, il partito nato per volontà di Giorgio Almirante dalle ceneri del Partito Fascista dopo la caduta della Repubblica Sociale Italiana e la sconfitta del fascismo nella Seconda Guerra Mondiale.
Raimondo Vianello: Una carriera ricca di successi
Raimondo Vianello, venuto a mancare il 15 aprile 2010 è stato un attore, conduttore televisivo e sceneggiatore italiano. Nella sua lunga carriera, partita alla fine degli anni quaranta, ha lavorato a lungo per il cinema regalando la sua presenza in tantissimi film. Dopo lo abbiamo visto sul piccolo schermo come conduttore televisivo di noti varietà. Inizialmente in RAI e in seguito in Mediaset, per poi cimentarsi nella conduzione di quiz televisivi e programmi sportivi.I suoi sodalizi artistici sono stati fruttuosi e di prestigio, prima con Ugo Tognazzi, con il quale negli anni cinquanta ha girato diversi film e condotto il varietà Un due tre, ed in seguito con la moglie Sandra Mondaini, con la quale dagli anni sessanta in poi ha realizzato molti varietà e diversi film.
Bio non basta, Valerio Veltroni in concordato
Strada in salita per San Crispino Holding, cassaforte di Valerio Veltroni, fratello di Walter. L’11 aprile scorso Angela Coluccio, giudice delegato del tribunale di Roma, ha ammesso l’azienda al concordato con riserva, nominando commissario Monica Fiore. La scelta di adire al concordato è stata presa da Veltroni, amministratore della holding, durante un’assemblea in cui ha ricordato come la mossa «appare la soluzione ottimale per offrire al ceto creditorio una soluzione più conveniente rispetto al fallimento».
Veltroni, il fratello sotto sfratto per morosità: “Non ha pagato l’affitto”
La Regione Lazio ha avviato una “procedura di sfratto per morosità e recupero canoni non corrisposti” nei confronti di Valerio Veltroni, il fratello maggiore del fondatore del Pd Walter. Veltroni senior a quanto pare oltre ad avere la “fortuna” di abitare in un immobile della Regione, non paga neanche l’affitto da un bel po’ tant’è che la direzione regionale programmazione economica, bilancio, demanio e patrimonio ha deciso di “autorizzare l’instaurazione del giudizio contro Veltroni finalizzato al rilascio dell’immobile sito in Roma alla via Corso Italia” si legge nella determina del 18 marzo. L’appartamento in questione inoltre si trova in una delle zone più ambite della capitale, a due passi da via Veneto.
Ezio Mauro mente spudoratamente. E’ un evasore fiscale, parola di notaio
Il giovanotto ha provato a discolparsi dall’accusa di essere un evasore fiscale. Ma, purtroppo per lui, non gli è andata bene. Parliamo di Ezio Mauro. Il quale ha ammessodi aver acquistato un immobile versandone “al nero” una parte del prezzo. Però ha aggiunto di non aver evaso il Fisco, di aver semplicemente soddisfatto la richiesta del venditore, e di avere, anzi, speso più del dovuto: “Non ho evaso in alcun modo le tasse nell’acquisto della mia casa che i giornali della destra tengono nel mirino: non solo non c’è stata evasione fiscale, ma ho pagato più di quanto la legge mi avrebbe permesso di pagare. Ho versato infatti all’erario tasse in più su 524 milioni di vecchie lire, e questo perché non mi sono avvalso di una norma (l’articolo 52 del D. P. R. 26 aprile 1986 numero 131, sull’imposta di registro) che, ai termini di legge, mi consentiva nel 2000 di realizzare un forte risparmio fiscale”.
Roma, 300 euro al mese per vivere a Fontana di Trevi: lo scandalo senza fine dell’affittopoli capitolina
La famiglia De Lipsis vive in un alloggio comunale da decenni. La casa si trova a Piazza di Trevi 86, in un edificio storico che si affaccia sulla celebre fontana romana, dove ha abitato anche Sandro Pertini. Ma De Lipsis ci tiene a precisare: «Siamo in attesa di un nuovo contratto, abbiamo aderito a un piano di rinnovo e non sappiamo quanto spenderemo. Grazie e buongiorno». Nell’attesa del nuovo contratto, il Campidoglio incassa dalla famiglia De Lipsis un canone irrisorio, come se il meraviglioso appartamento di Fontana di Trevi si trovasse nei palazzoni popolari dell’estrema periferia romana. Quanto paga De Lipsis? Il Comune di Roma ci dice dai 210 ai 355 euro al mese. Non è uno scherzo. Secondo le agenzie immobiliari un appartamento uguale a quello di De Lipsis si affitta a 4-5mila euro al mese e si vende a 2 milioni. Con affitti a prezzo di mercato, il Campidoglio incasserebbe per ogni immobile di prestigio 50mila euro in più all’anno. Una somma enorme considerando che le case comunali nel centro storico (da Piazza Navona al Colosseo) sono 574, appartamenti su cui pende una morosità da 9 milioni e 400mila euro. Oltre al danno la beffa.
Il Pd non paga gli affitti delle sue sedi romane. Abbiamo scovato una nuova 'affittopoli'
"Il Pd non paga gli affitti delle sue sedi romane. Abbiamo scovato una nuova 'affittopoli'". l Pd non paga gli affitti delle sue sedi romane. E' questo il risultato di una ricerca realizzata dal gruppo regionale Ncd, basata sull'accesso agli atti dell'Ater di Roma. A presentarla stamattina nella sede nazionale del partito, il senatore di area popolare Ncd-Udc Andrea Augello, il coordinatore del Lazio di Ncd Roberta Angelilli e il capogruppo regionale Ncd Daniele Sabatini. Per il capogruppo Sabatini, autore dell'analisi, si è rinvenuto "qualcosa di molto preoccupante: perché, se facciamo riferimento a un affitto medio dai 300 ai 1000 euro mensili, ci troviamo di fronte a morosità che mediamente toccano i 70mila euro, con picchi che superano di gran lunga i 100mila". La ricerca sviluppa i dati, raccolti tra marzo e giugno, relativi a locali di proprietà dell'Ater (ad eccezione di due sezioni Pd, concesse dal Comune di Roma), che sono stati suddivisi in tre diverse categorie: le sedi del Pd ancora operative o di recente dismissione come Ostia, che hanno accumulato affitti non pagati per circa 600.000 euro; i 'morosi di lotta e di governo', che comprendono le sedi di Rifondazione comunista, Sel e vari circoli riconducibili all'area 'antagonista', con una morosità complessiva di 456.836,79 euro; e i cosiddetti 'relitti del passato', che includono le sedi di ex partiti di sinistra e centro-sinistra come Pci, Pds e Ds, di cui ad oggi si ignora l'attuale destinazione d'uso e che 'vantano' debiti per 241.407,78 euro.
Affittopoli a Roma, Pd moroso per 170mila euro
Si allarga il nuovo scandalo su Affittopoli a Roma. Il commissario prefettizio Francesco Tronca, salito al Campidoglio dopo le dimissioni di Marino, ha promesso almeno trenta verifiche al giorno e "chi non è in regola verrà sfrattato". Tronca ha istituito due task force, che affiancano la segreteria tecnica: a loro il compito di mettere al setaccio gli immobili che sono di proprietà del Comune di Roma, facendo i necessari accertamenti sui contratti (su 574 casi sino ad ora accertati, l'80% sono senza contratto) se gli affitti vengono pagati o meno e a quale cifra. Emergono, intanto, alcuni particolari interessanti. Il Pd sarebbe moroso per una cifra importante. La sede più famosa del Pd, quella centralissima di via dei Giubbonari, dietro Campo de’ Fiori, è in un immobile di proprietà del Comune: c'è un regolare contratto d'affitto pari a 14.910 euro all'anno, circa 1240 euro al mese, che in una zona come questa sono decisamente pochi. Il problema, però, è l'arretrato che il partito del premier deve al Comune: 170 mila euro, che non sono proprio bruscolini.
SCANDALO SENZA FINE Affittopoli e quelle case regalate ai politici
In principio fu «Affittopoli». Correva la metà degli anni ’90 quando venne alla luce un numero indecifrabile di appartamenti degli enti previdenziali dati in affitto a potenti politici (e non solo) di destra e sinistra. A goderne fu anche Massimo D’Alema, che andò ad occupare un immobile dell’Inpdap, a Trastevere, al prezzo di 633mila lire al mese (poi fu costretto a mollarlo). Compiendo un salto fino al 2007, ecco «Svendopoli», l’inchiesta L’Espresso che raccontò di come alcuni politici acquistarono case in mano ad enti pubblici a prezzi ribassati. Uno scandalo nello scandalo visto che alcuni dei fortunati erano già stati baciati dalla dea bendata in Affittopoli. Si difesero tutti a spada tratta, affermando che l’acquisto avvenne sì a prezzo inferiore, ma che la regola valse anche per i comuni mortali. È molto recente il caso di Raffaele Marra, ex braccio destro del sindaco di Roma Virginia Raggi, arrestato con l’accusa di aver comprato casa grazie ai soldi dell’imprenditore Sergio Scarpellini, mentre è tornato d’attualità lo scandalo della casa di Montecarlo svenduta da Alleanza nazionale a Giancarlo ed Elisabetta Tulliani, cognato e compagna di Gianfranco Fini, che costò all’ex presidente della Camera la fine politica (e ora, i suoi effetti collaterali, un’inchiesta per riciclaggio).
Cesare Battisti non era l’unico: sono 50 i terroristi ancora in fuga
L’arresto di Cesare Battisti desta ovviamente clamore, in quanto potrebbe a breve porre fine ad una pluridecennale fuga dell’ex membro dei proletari armati per il comunismo dalla giustizia italiana. Ma la vicenda che riguardaCesare Battisti non è che la punta di un iceberg. Di quell’epoca buia per il nostro Paese, segnata dal terrorismo, dalle stragi e dal periodo di piombo dove le ideologie si scontrano a colpi di pistola per le strade, rimane ancora ampia traccia in giro per il mondo con i tanti protagonisti di allora latitanti o ricercati all’estero. La storia degli anni Settanta quindi, non è ancora chiusa ed anzi appare oggi drammaticamente attuale: sono 50 i terroristi per i quali da anni si aspetta il normale corso della giustizia.
Viminale, caccia a trenta latitanti
La Francia rifugio felice di latitanti della lotta armata
Che il premier francese François Hollande abbia telefonato al nostro presidente del Consiglio Matteo Renzi per chiedergli un atto di clemenza verso Erri De Luca, lo ha scritto il quotidiano d’Oltralpe Journal Du Dimanche . Palazzo Chigi ha smentito. Se anche fosse vero, ci sarebbe poco da sorprendersi. Lo scrittore partenopeo, infatti, non è sicuramente un terrorista, ma De Luca (certo che l’ipotizzata telefonata di Hollande non abbia «influito sulla sentenza») ha più volte flirtato con la teoria della lotta armata. Quanto basta per far scattare nelle autorità francesi l’«istinto di protezione», derivazione della "Dottrina Mitterand", verso chi, negli anni di piombo, ha imbracciato le armi in Italia. Il territorio dei "galli", infatti, ospita il fior fiore del terrorismo italiano degli anni ’70.
La mappa del terrorismo "latitante"
"Contiamo che la galera per Battisti non sia l'unica per un terrorista che deve scontare la sua pena in Italia". Il Salvini pensiero è chiaro e di fatto si è aperta la caccia alle primule, rosse o nere che siano. Tutta una serie di terroristi, appartenenti a forze eversive di ogni ordine e grado in azione durante gli anni di piombo in Italia e che poi, per evitare il carcere, hanno trovato rifugio all'estero.
La dolce vita di Pietrostefani (e di altri latitanti)
L'arresto di Cesare Battisti ha riportato d'attualità il tema delle decine di ex terroristi latitanti all'estero, dove conducono vite assolutamente tranquille, senza aver mai pagato il loro debito con la giustizia italiana. Su tutti Giorgio Pietrostefani, condannato a 14 anni e due mesi di carcere per l'omicidio del Commissario Calabresi e fondatore con Adriano Sofri di Lotta Continua. Panorama ha scoperto che Pietrostefani vive a Parigi dove riceve una pensione dall'Inps di oltre 1500 euro. Oltre a lui Panorama ha scoperto chi sono e cosa fanno i 30 ex terroristi che hanno una pena da scontare ma vivono serenamente all'estero. Ecco un estratto dell'inchiesta che potete leggere sul numero in edicola dal 30 gennaio. Cinecittà hanno già pronta la «parte seconda» della cattura di Cesare Battisti, l’ergastolano consegnato dal governo boliviano alle patrie galere con la regia del neo-presidente del Brasile Jair Bolsonaro. Ovviamente non stiamo parlando degli studios capitolini, ma degli uffici della Direzione centrale della Polizia di prevenzione, l’antiterrorismo italiano, che si trova proprio di fronte alla nostra piccola Hollywood.
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