"Attenzione al pericolo giallo. Nei prossimi decenni ci dovremo guardare dall'espansionismo cinese. Invaderanno il mondo con la loro smisurata prolificità, con i loro prodotti a basso costo e con le epidemie che coltivano al loro interno".
Benito Mussolini, discorso di saluto a Galeazzo Ciano, nominato rappresentante italiano a Shangai.
Spunta un nuovo, clamoroso, filmato che ha come protagonista Adolf Hitler. Come sottolinea Dagospia, riemerge dalla collezione privata del Fuhrer: ed eccolo, insieme ad Eva Braun, mentre si rilassa, fa sci d'acqua ed esercizi di ginnastica alla sbarra. In un altro spezzone si vede Hitler in alta uniforme mentre incontra degli alti ufficiali nazisti, tra cui Albert Speer, Heinrich Himmler, Joseph Goebbels, Joachim von Ribbentrop, Reinhard Heydrich e Karl Wolff. Un video privato, direttamente dal buen retiro del nazista sulle Alpi Bavaresi, nel rifugio di Berghof. Un video che fino ad oggi nessuno aveva mai visto.
Un centinaio di ex combattenti, in prevalenza repubblicani, anarco-sindacalisti e nazionalisti, si riuniscono nella sede della Lega latina della Gioventù, in via Barberia n. 4, per costituire il Fascio di combattimento bolognese. Tra i fondatori vi sono Pietro Nenni, Cesare Tumidei, Leandro Arpinati e i fratelli Guido e Mario Bergamo. A rappresentare la direzione del movimento milanese, interviene l'ex capitano degli Arditi Ferruccio Vecchi, che pochi giorni dopo guiderà la spedizione punitiva contro "L'Avanti".
Un’affermazione quella fatta da Israel Corrado Debenedetti domenica nel corso del convegno sugli ebrei italiani e il sionismo in Castello, promosso dal Meis, che ha fatto storcere il naso a molti e non è passata inosservata. Una dichiarazione che accende i riflettori su una vicenda storica su cui ci sono ancora molti spunti da chiarire e verificare con attenzione. Cosa intendeva dire e a quali episodi si riferiva Debenedetti con questa sua affermazione nell’ambito di un appuntamento che aveva la finalità di portare alla luce le testimonianze concrete di chi è sfuggito alle persecuzioni razziali, rischiando anche di morire solo perché ebreo? Per sciogliere i dubbi lunedì mattina, prima che partisse per tornare in Israele, dove abita dal 1949, abbiamo chiesto spiegazioni a Debenedetti di questa sua affermazione e lui ha ribadito quanto espresso in sede di convegno.
Nel 1919-20 la sinistra evocò lo spettro della rivoluzione, ma provocò la nascita dello squadrismo. Come racconta Pansa in "Eia Eia Alalà". Tutti i nodi vennero sciolti con il colpo di spada dell'offensiva squadrista. È il calendario a ricordarci la velocità di quell'azione. Un blitz che ebbe inizio, si sviluppò e vinse in meno di due anni: dalla fine del 1920 all'ottobre del 1922. I rossi cianciavano di rivoluzione, i neri costruirono con i fatti la reazione a tante chiacchiere. Aveva ragione il mio edicolante: la colpa di aver messo in sella il fascismo, e di aver mandato al governo Mussolini, era soltanto dei socialisti. Chi comprese subito quanto era avvenuto fu uno scrittore anarchico, il bolognese Luigi Fabbri, autore di un libro stampato nel 1922 dall'editore Cappelli e intitolato: La controrivoluzione preventiva. La sua tesi era semplice. La rivoluzione tanto predicata dai socialisti non era arrivata e in un certo senso non era mai stata voluta per davvero. Ma le sinistre l'avevano fatta pesare come una minaccia per tutto il 1919 e il 1920.
Scritto tra l’agosto 1937 e il febbraio 1943, il Diario di Galeazzo Ciano – «una fonte memorialistica di primaria importanza» nelle parole dello storico Renzo De Felice – è un documento prezioso per la comprensione dell’ultima fase del regime mussoliniano: il periodo fatale che va dall’incubazione del secondo conflitto mondiale ai mesi che precedono la caduta del fascismo. L’esistenza del Diario è nota ai collaboratori più stretti di Ciano dalla fine degli anni Trenta, ai quali il ministro degli Esteri confida di volerlo pubblicare a guerra conclusa, allo scopo di riabilitarsi politicamente dinanzi alle potenze alleate. Dall’estate del 1943, la «caccia» alle agende manoscritte del genero del Duce da parte dei servizi d’intelligence tedeschi e americani è al centro di un’avvincente spy story in bianco e nero. Una vicenda di tradimenti, colpi bassi, giochi doppi e tripli che Giuseppe Casarrubea e Mario José Cereghino ricostruiscono in modo nuovo nel saggio introduttivo “Spy story all’italiana.
Il Conte Galeazzo Ciano, prima di essere condannato a morte, ha formulato una tremenda accusa affermando che la Germania aveva deliberatamente provocato la guerra in Europa nel 1939, trascinando l'Italia nel disastro. Diciannove giorni prima che l'ex ministro cadesse sotto il piombo nazi-fascista, accusato di alto tradimento, scrisse le ultime dieci pagine di un suo diario, che costituisce un documento del più alto interesse. Diamo ora il testo del diario del Conte Ciano scritto e firmato di sua mano. «Mi preparo al giudizio supremo». Se queste mie note vedranno un giorno la luce, è perché io ebbi la precauzione di metterle in salvo, prima che i tedeschi, con un basso tranello, si fossero impadroniti della mia persona. Non era mia intenzione, allorché redigevo questi frettolosi appunti, di darli alle stampe così come erano scritti. Era solo mio proposito fissare avvenimenti e fatti in modo che mi potessero essere utili in avvenire.
Esattamente 72 anni fa un piccolo commando di partigiani comunisti (più precisamente “gappisti”) assassinò a Firenze Giovanni Gentile, il più grande filosofo italiano vivente. Gentile, oltre a essere filosofo di fama internazionale, era anche e soprattutto il “filosofo del fascismo”, come è stato spesso definito. Per questo motivo, ucciderlo equivaleva per i suoi boia a seppellire con lui anche la cultura fascista, tanto che girò la leggenda secondo cui Bruno Fanciullacci, colui che probabilmente tirò il grilletto, avrebbe esclamato: «Non uccido l’uomo ma le sue idee». E inoltre, a decenni di distanza, nel 2001, un solerte “gendarme della memoria” ha potuto scrivere in tutta serietà: «L’uccisione di Gentile fu un atto dovuto, più di quello di Mussolini. Uccidendo Gentile si uccideva l’anti-Italia». Fabio Vander, autore delle righe citate, intende con “anti-Italia” proprio il fascismo, ricollegandosi così a una tradizione che in realtà è ormai bell’e morta (e morta bene): è quella di Benedetto Croce, amico e poi acerrimo nemico di Gentile, secondo cui il movimento delle camicie nere avrebbe rappresentato solo una breve “parentesi” nel cammino che avrebbe condotto l’Italia alle «magnifiche sorti e progressive» del liberalismo assurto a meta escatologica dell’umanità.
Il 15 aprile 1944, intorno alle 13.30, Giovanni Gentile rientrava nella sua residenza, Villa Montalto al Salviatino. Mentre l’autista apriva il cancello sul viale, due gappisti appostati nei pressi si avvicinarono all’auto; quando il filosofo abbassò il vetro essi, chiesta conferma della sua identità, aprirono immediatamente il fuoco. Gentile morì poco dopo l’arrivo all’ospedale di Careggi per le gravi ferite riportate. Il giorno successivo la salma fu esposta nella sede dell’Accademia d’Italia a Lungarno Serristori; lunedì 17 un corteo funebre accompagnò il feretro fino a piazza Santa Croce, dove il segretario del partito Pavolini tenne una commemorazione secondo il rito fascista. Il 18 aprile il Consiglio dei ministri ne decise la sepoltura nella basilica di Santa Croce. La notizia dell’uccisione fu riportata con ritardo dagli organi di stampa: la radio italiana ne dette l’annuncio solo alle 20 del giorno successivo.
Silvio Berlusconi è trincerato da stamattina a Villa San Martino e lo scandalo Ruby Rubacuori sta scuotendo la maggioranza, tanto che si fanno sempre più insistenti le voci che vogliono le dimissioni del Presidente del Consiglio. I verbali con le intercettazioni tra le ragazze del Bunga Bunga finiscono nella disponibilità della Giunta per le autorizzazioni della Camera, che deve decidere se concedere alle forze dell'ordine la possibilità di ispezionare i locali di proprietà della presidenza del Consiglio. Su Repubblica, Piero Colaprico svela altri frammenti contenuti delle indagini effettuate dagli inquirenti. Alle feste del Bunga Bunga avrebbe partecipato anche la valletta Elena Morali, allora fidanzata con il figlio di Umberto Bossi, Renzo – detto “il trota”.
«È proprio quando vuoi dare un senso concreto alla parola amicizia che devi prendere decisioni drastiche, magari sgradite», anonimo esponente del Pdl intervistato da Ugo Magri, La Stampa, 21 settembre 2011. «Noi che, indipendentemente dal nemico, dobbiamo dimostrarci capaci di riconquistare le nostre perdute libertà. Mussolini, la dittatura, il fascismo, debbono sacrificarsi, debbono “suicidarsi” dimostrando con questo loro sacrificio il loro amore per la Nazione», Dino Grandi, luglio 1943. Siamo a quello? Siamo al 25 luglio? Alla congiura che elimina il capo? Oscar Giannino, rivolgendosi a un ipotetico interlocutore Pdl, tuonava dai microfoni di Radio 24 la mattina di giovedì 22 settembre: «Persino i fascisti sono riusciti a rovesciare Mussolini e voi non riuscite a trovare un Dino Grandi?»
Nel 1935 Walt Disney fece un viaggio in Europa, incontrando gli editori locali delle sue creazioni. Venne anche in Italia, per definire il passaggio dei diritti di stampa dei suoi personaggi dall’editore fiorentino Nerbini al milanese Mondadori. Walt Disney incontrò anche Benito Mussolini? Una prima risposta ci viene data dall’intervista che Romano Mussolini rilasciò alla rivista “If” della Epierre (pubblicata nel n. 4 dell’ottobre 1995). Nell’intervista di Francesco De Giacomo al figlio del Duce vengono fuori numerose curiosità, a partire dal nome stesso di Guido Mussolini (figlio di Vittorio e primo nipote del Duce, nato nel 1937 e deceduto nel 2012).
(31 Gennaio 2013) Il tribunale dei Roma ha respinto la richiesta di risarcimento del gruppo milanese, che invece dovrà versare 30mila euro all'Editoriale Il Fatto spa. Una sentenza che potrebbe valere come uno spartiacque, nell’Italia dove le cause contro giornali e giornalisti spesso sono prove tecniche di mordacchia. A scriverla, la prima sezione del Tribunale civile di Roma che, con il provvedimento depositato martedì scorso, ha respinto come “manifestamente infondata” e “forse motivata dall’avversione politica” la richiesta di risarcimento di Mediaset e Rti nei confronti di Marco Travaglio, Antonio Padellaro e dell’Editoriale Il Fatto Spa, difesi dall’avvocato Caterina Malavenda. Soprattutto, ha condannato le due aziende a pagare 30mila euro di “danni non patrimoniali”, arrecati ai due giornalisti e alla società che edita il Fatto Quotidiano.
Alcuni storici che si sono occupati del fenomeno della guerra civile in Italia hanno preso in considerazione anche i fenomeni di violenze postbelliche, collocando il termine della guerra civile oltre la fine ufficiale della Seconda guerra mondiale in Europa. Pertanto, per costoro, non è facile identificare una vera e propria data finale del fenomeno, che tende a sfumare con il diradarsi delle violenze. Alcuni hanno proposto come data finale della guerra civile l’amnistia Togliatti del 22 giugno 1946. Immediatamente dopo che le forze della Resistenza partigiana riuscirono ad assumere il potere nelle città del nord, vennero istituiti tribunali improvvisati che, sulla base di giudizi sommari, comminarono condanne capitali ai fascisti catturati.
Sul fatto che fosse un grande giornalista abbiamo molti dubbi; sul fatto che fosse stato sempre antifascista ,ancora di più.Sia chiaro che ci dispiace, come per ogni altro, la dipartita di un altro essere umano. Porgiamo quindi le condoglianze alla famiglia tutta. Ma la cosa che più mi ha incuriosito è che sembra che Biagi Ragioner Enzo sia nato dopo il 1945. Nessun giornale ci ha detto che cosa facesse prima. Un documento del Minculpop (Ministero della Cultura Popolare Fascista) del 20.01.1944 estrapolato anche dal “Domenicale”, ci fa sapere che il sig «Biagi rag. Enzo» (testualmente così indicato), si vantava di essere stato balilla, avanguardista, membro della Gioventù italiana del littorio, membro del Gruppo universitario fascista, che aveva vergato con i suoi articoli la rivista “L’assalto”, che vinse i premi Prelittorali, che suo zio aveva fatto la marcia su Roma, che suo cugino fu un viceministro delle Corporazioni. Di questo si vantava il Biagi.
Negli anni '70 Robert Conquest fornì agli Usa le prove dei crimini in Urss, Cina e Vietnam. Milioni di morti. Morti di cui a lungo si è preferito non parlare. Sono le vittime dei regimi comunisti, sviluppatisi a partire dalla rivoluzione Russa del 1917. Le spiegazioni del silenzio su questa violenza totalitaria sono abbastanza ovvie. Dopo la seconda guerra mondiale era facile denunciare gli orrendi crimini del nazismo o del militarismo nipponico. Non erano più parte in causa. Ben diverso il caso dell'Urss, della Cina e dei loro Stati satellite, come Cuba o il Vietnam.
(ToDay.it 17 maggio 2012) L'ex tesoriere della Margherita si difende davanti alla Giunta del Senato che deve decidere sulla richiesta d'arresto a suo carico: "Ero il bancomat dei dirigenti del partito". E torna sulla spartizione del 'bottino': "60% ai popolari, 40% ai rutelliani". Chiamato a difendersi davanti alla Giunta del Senato che dovrà decidere sulla richiesta del suo arresto da parte della magistratura, Luigi Lusi, ex tesoriere della Margherita, attacca. E presenta i conti. "Soldi a Matteo Renzi" - Tra questi, spiccano 70mila euro "dati a Matteo Renzi suddivisi in tre fatture".
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